Whatsappare è roba da googlisti

Visualizza PDF – 2017-09-12-Popotus

I neologismi si moltiplicano entrando nel vocabolario. Segno di vitalità della lingua, a patto di non esagerare

« Scattiamoci un selfie con il melafonino e poi whatsappiamolo sperando che si viralizzi».Vi serve una traduzione di quel che avete appena letto? La frase è infarcita di neologismi, cioè di parole nuove, in questo caso relative al mondo della tecnologia e di internet (che quanto a novità linguistiche di materiale ne offrono parecchio) e tutte già accolte dai vocabolari. Quindi, se già non le conoscete — ma è improbabile — è lì che potete cercarle. Ma perché nascono i neologismi? Soprattutto per motivi pratici, cioè per dare un nome a nuovi strumenti o concetti. Ma anche come atto di creatività, o con un intento polemico o ironico. Non è escluso che qualche volta una parola nuova venga usata per pigrizia: capita di frequente con i termini stranieri che si evita di tradurre anche quando è possibile. Perché diciamo selfie e non autoscatto, weekend e non fine settimana, privacy e non riservatezza, wellness e non benessere? Un neologismo non solo non nasce per caso ma neppure nasce senza regole. E mai dal nulla: in genere si tratta di termini composti da elementi lessicali già esistenti.A spiegare segreti e virtù delle parole nuove sono Giovanni Adamo eValeria DellaValle (quest’ultima ben nota ai lettori di Popotus) in “Che cos’è un neologismo?” (Carocci, 12 euro), un libro che non è adatto ai bambini ma che contiene tante utili spiegazioni e soddisfa molte curiosità.Volete un esempio? Forse non sospettavate che la macedonia può essere fatta anche con le parole. Si chiamano proprio così —parole macedonia — quelle che nascono dall’unione di più termini. Come cineristopizzeria (anche il locale è una macedonia fatta da cinema, ristorante e pizzeria!) o cartolibreria e videofonino.

Ispirati dalla tecnologia

Quando la scienza e la tecnologia danno vita a nuovi strumenti bisogna anche che qualcuno trovi una parola per definirli. Pensate alla sigaretta elettronica che per brevità è diventata e-sigaretta (o, ancora più breve, e-cig comprimendo l’inglese e-cigarette). Ma anche al termine svapo: da cui svagare, cioè l’azione di emettere vapore acqueo con l’e-cig, e svapatore, colui che compie l’azione. E poi ci sono l’e-book e l’e-reader che serve per leggerlo. Molto spesso per formare una parola nuova basta aggiungere qualcosa all’inizio o alla fine, una procedura che si chiama confissazione. Vanno di moda gli agriasilo, le scuole dell’infanzia che si propongono di avvicinire i bambini alla natura, ma anche il cosmoturismo, cioè il turismo spaziale. Come vedete, per dar vita a un neologismo è bastato anteporre a termini già ampiamente usati come “asilo” e “turismo” la particella agri (che indica qualcosa di relativo alla campagna, all’agricoltura) e la particella cosmo (cioè che riguarda all’universo).

L’unione fa la forza

Quanti di voi usano il pedibus? Anche questo è un neologismo nato dall’unione delle parole piedi e bus. Per salire a bordo è necessario camminare. Così pure per salire in bicipolitana non serve il biglietto: la parola indica un percorso ciclabile in città, dotato di una specifica segnaletica. E lungo il percorso è probabile che si incontri una ciclostazione, che è un posteggio per biciclette. Le ciclovie, cioè i percorsi stradali riservati a chi pedala, sono molto apprezzati dai cicloturisti. Fino a qualche anno fa il cyberbullismo era sconosciuto eppure oggi è fin troppo noto. Neppure esistevano i cyberterroristi o i cyberguerriglieri. Insomma, avete capito: ci sono termini che acquistano un significato nuovo unendosi tra loro. Provate a cercare i neologismi creati anteponendo a una parola conosciuta il termine bio oppure eco o cine, fanta, gastro… Ce n’è per tutti i gusti!

Piccole aggiunte per cambi sostanziosi

Se dite a una ragazza: «Mi sempri un po’ cicciottella!», non è detto che ia prenda bene… Sentirsi definire un po’ curvy, invece, fa tutta un altro effetto, anche se il termine inglese vuoi dire la stessa cosa, indicando un corpo prosperoso. I forestierismi, le parole prese a prestito da un’altra lingua, sono tantissimi. Anche troppi. Come molteplici sono le parole che arrivano dal mondo di internet e dei social, per esempio facebookato (che indica ciò che è stato postato su Facebook) o googlista (chi consulta spesso Google). Bruttissimi da sentire e ancor di più da pronunciare, esattamente come twitterante e whatsappato. Terribili ma tutte italiane sono codista (cioè chi fa la coda a pagamento al posto degli altri), suvista (chi guida il suv), struzzeggiare (coloro che evitano di affrontare i problemi, come gli struzzi che nascondono la testa sotto la sabbia) e mostrificare (trasformare in un mostro). In questi ultimi casi è evidente che la parola originale è stata modificata aggiungendo una particella finale -ista, -eggiare, -ificare.

La spiritosaggine diventa noiosa

Anche il cibo, la tavola, e la cucina forniscono un ampio spazio di azione alla creatività. Di attovagliamento, che sta per imbandire una tavola, non si sentiva la mancanza come pure si potrebbe fare a meno di inforchettare e forse il bibitone piace solo agli sportivi essendo la bevanda energetica a loro consigliata. Avrà creduto di essere spiritoso chi ha chiamato il proprio ristorante bisteccheria (o grapperia, tramezzineria, cornetteria)? Ma non è detto che riceverà la visita di un gastronauta, chi ama la cucina e viaggia alla ricerca di prodotti raffìnati. Tantomeno si fermerà da loro un enoturista, che il mondo lo gira per cercare vini sopraffini. Entrambi cibovagono in cerca di tradizione e qualità: chissà se ogni tanto si concederanno un’apericena? Un pasto che non è frugale come un aperitivo né lauto come una cena. Loro sì, esperti del mangiarbene, conoscono il valore di un oleologo: i processi di lavorazione dell’olio nessuno li ha studiati meglio di lui.

Termine vecchio e significato nuovo
Una parola nuova nasce in molti modi e capita persino che esista già e che pur restando identica nella forma cambi totalmente nel significato. Prendiamo il termine canguro: ha un senso del tutto diverso se a pronunciarlo è l’insegnante durante una lezione di scienze oppure uno dei politici che siede alla Camera dei Deputati. Mentre per la maestra il canguro è un marsupiale australiano, per il deputato è anche una procedura parlamentare. Lo stesso succede quando chiedete a qualcuno una chiavetta: difficilmente vi vedrete porgere la minuscola chiave di un lucchetto, più probabile che vi venga consegnato un disposito removibile di memoria da collegare al computer grazie a una porta Usb. E la campana qualche volta suona, molte altre si riempie di rifiuti differenziati. Infine ma non ultima la parola faccina: questo esempio non c’è neppure bisogno di spiegarlo…