Il talento dei giornali per il gioco dei neologismi

Visualizza PDF – 2018-12-27-Repubblica-Fiori

C’è chi li vuole morti. Chi ama chiamarli “puttane” invocando bavagli e censure. O chi li ritiene una categoria inutile, negletta, artefice di una mediazione che internet ha fieramente liquefatto. Per la professione giornalistica è stato un annus horribilis. E in questo buio pesto appare come una luce insperata un volume di novecento pagine appena pubblicato dalla Treccani. Si intitola Neologismi ed è stato curato da due insigni linguisti, Giovanni Adamo e Valeria Della Valle. È il dizionario delle 3.505 nuove parole entrate nella lingua italiana negli ultimi dieci anni. Entrate nell’uso comune grazie ai giornali. Perché quando i lessicografi devono raccontare i cambiamenti dell’italiano – specchio dei cambiamenti intervenuti in ogni aspetto della vita – si affidano alla stampa quotidiana, nazionale e regionale. Non piacerà a molti, soprattutto non piacerà a chi non perde occasione per insultarli, ma sono i bistrattati giornalisti, cronisti politici o sociali, culturali o economici, a inventare o soltanto riportare le parole di nuovo conio. Sono loro e gli opinionisti di prima pagina a disegnare nuove tendenze, geografie mentali inedite e quindi l’immaginario del futuro. Il romanzo politico e sociale dell’evo

contemporaneo potrebbe essere raccontato con tre soli neologismi, a partire da asinocrazia (copyright Giovanni Sartori), seguita da scissionite di Nello Nello e socioleso di Michele Serra. I più famosi tra i giornalisti possono anche ispirare lemmi a ricalco del cognome – savianeo o savianismo – ma non è una prerogativa della categoria, proliferando nuovi termini come desalvinizzare, renzeggiare e olgettine, che non discende direttamente da Berlusconi ma dalla sua verve – diciamo così – inesauribile. Tuttavia l’artefice del lessico più inventivo non vive nelle redazioni o nei palazzi della politica ma a Santa Marra. I neologismi di papa Francesco, dicono Della Valle e Adamo, hanno vivificato in questo decennio i meccanismi consueti con cui si formano le parole e i concetti: valga per tutti misericordina, una scatola confezionata come una medicina, ma destinata all’anima.

A scattare queste istantanee verbali restano sempre i giornalisti. Sí rassegni quindi chi si augura l’estinzione della specie, accogliendo in serenità quella liturgia quotidiana che è rimasta la lettura dei giornali. Potrebbe beneficiarne la sua stessa lingua. Visti i tempi – e lo stato di salute della grammatica non sarebbe male.